Le origini del Coaching: da Socrate fino a oggi

Il Coaching sembra avere origini lontane nel tempo. Se da una parte la disciplina così come la conosciamo oggi è stata codificata e perfezionata durante il ventesimo secolo, dall’altra presenta alcuni punti in comune con il metodo socratico, praticato da Socrate nell’antica Grecia.

Leggi: che cos’è il Coaching e a cosa serve?

Facciamo un salto indietro nel tempo, alla seconda metà del V secolo a.C., e vediamo che cosa si intende per metodo socratico.

Che cos’è il metodo socratico

Il metodo socratico prende il nome dal famoso filosofo dell’antica Grecia Socrate, ed è una forma di dialogo che consiste nel porre domande con il fine di stimolare il pensiero critico. Socrate infatti non forniva mai teorie o soluzioni concrete al suo interlocutore, ma soltanto dubbi e perplessità.

Attraverso l’ironia, intesa come finzione, il filosofo si mostrava ignorante in merito all’argomento da affrontare, e costringeva l’allievo a giustificare ogni dettaglio del proprio pensiero. Le domande venivano utilizzate come strumento per confutare ed escludere opinioni contrastanti e contraddittorie, e per tirar fuori, o far nascere, la verità (maieutica).

Con tutta probabilità Socrate non è stato il primo “Life Coach” della storia, almeno non secondo i nostri canoni. In primo luogo perché Socrate era un filosofo, e il suo modo di interagire con i suoi studenti non rappresentava una pratica comune in quel periodo. In secondo luogo perché il “Coaching” come lo conosciamo oggi è nato in epoca moderna, e si basa su un approccio incentrato sulla consapevolezza e sulla responsabilizzazione dell’individuo, più che sul far emergere la verità attraverso il dialogo.

Tuttavia, il metodo socratico di porre domande, ha probabilmente influenzato il modo di fare Coaching in epoca moderna.

Che origine ha, quindi, il Coaching come disciplina?

La comparsa del termine Coach

Il termine “coach” viene utilizzato ancora oggi in inglese per indicare qualsiasi tipo di carrozza. Deriva dall’olandese “koets” ed è stato introdotto nel Regno Unito durante il XVII secolo, periodo in cui inglesi iniziarono a commerciare con i Paesi Bassi. È probabile che la parola olandese “koets” abbia origine da “Kocs”, città dell’Ungheria nota nel XV secolo per la produzione di carrozze di alta qualità.

A partire dal XIX secolo, il termine “Coach” inizia a essere utilizzato in ambito sportivo per indicare la persona che aiuta gli atleti a migliorare le proprie prestazioni. E che li guida (o accompagna) verso una meta desiderata, proprio come farebbe una carrozza.

Tuttavia questo approccio era prevalentemente incentrato sull’insegnamento e sul controllo da parte dell’allenatore, piuttosto che sulla consapevolezza e sulla responsabilizzazione dell’individuo.

Il Coaching in epoca moderna

Nel 1975 Timothy Gallwey pubblica il libro “The Inner Game of Tennis” e propone un approccio innovativo all’insegnamento del tennis. Questo approccio si basa sul principio che atteggiamento mentale e consapevolezza sono altrettanto importanti delle alle abilità tecniche.

Gallwey sostiene che durante un match, il giocatore di Tennis affronta prima di tutto una partita dentro di sé (da qui il titolo “Inner Game”) e introduce i concetti di Self 1 e Self 2.

Self 1 è quella parte critica di noi stessi che si attiva quando commettiamo errori. Self 2 invece si fonda sull’istinto e ci consente di respirare o colpire una pallina da Tennis in maniera quasi inconsapevole. In poche parole, la chiave della vittoria, consiste nel silenziare Self 1 e di lasciare spazio a Self 2. Questa semplificazione non rende giustizia al lavoro di Gallwey, un’importante pietra miliare nello sviluppo del Coaching moderno, e ti suggerisco di leggere il libro per avere un’idea più approfondita.

In seguito alla pubblicazione di “The Inner Game of Tennis”, in molti hanno iniziato a vedere un parallelo tra le sfide in ambito sportivo e quelle in ambito professionale. Con il cambiamento della tipologia e dei ritmi di lavoro, sempre più persone hanno cominciato a cercare supporto di un “Coach” per affrontare le sfide e raggiungere i propri obiettivi lavorativi.

Di conseguenza, il Coaching come disciplina, ha continuato a svilupparsi e a diventare sempre più popolare.

Negli anni ’80, Sir John Whitmore, uno dei pionieri nell’uso del Coaching in ambito professionale, crea insieme ai suoi colleghi il modello GROW (acronimo per: Goal, Reality, Options, Way forward), che in seguito alla pubblicazione del libro “Coaching for Performance” diventerà uno dei metodi più utilizzati a livello di leadership e Coaching.

La situazione odierna

Nonostante sia una disciplina relativamente giovane, il Coaching continua a evolversi e a diffondersi rapidamente. Sempre più individui e aziende si affidano a Coach professionisti, soprattutto nei momenti di cambiamento o decisionali.

Oggi la maggior parte dei Coach pratica la terza generazione di Coaching, ovvero il Coaching trasformativo (Transformative Coaching).

In “A Guide to Third Generation Coaching”, l’autore Reinhard Stelter sostiene che il Coaching di terza generazione è meno improntato alla produzione di soluzioni rapide. Il nuovo approccio promuove invece la creazione di uno spazio per la riflessione attraverso pratiche collaborative. Il dialogo tra Coach e Coachee è in primo luogo caratterizzato da una forte enfasi sui valori, aspirazioni e questioni di identità.

International Coaching Federation (ICF)

Ad oggi esistono alcune organizzazioni, in tutto il mondo, che contribuiscono allo sviluppo e all’evoluzione della professione. Una di queste è International Coaching Federation (ICF), fondata nel 1995 negli Stati Uniti da Thomas Leonard. ICF è un’associazione non-profit che conta più di 50 mila membri in più di 150 paesi.

Uno degli obiettivi principali di ICF è garantire standard elevati per l’esercizio del Coaching, sia a livello di pratiche che a livello etico. Attraverso un duro processo di formazione e certificazione degli aspiranti Coach, l’International Coaching Federation va di fatto a colmare un gap normativo, autoregolando la professione in modo credibile.

Nell’ambito del Coaching, l’ICF è considerato a tutt’oggi come l’ente più importante e più attendibile, e offre ai suoi membri tre tipi di credenziali: Associate, Professional e Master. Per fare un esempio, il primo livello di certificazione, l’Associate, richiede come minimo 60 ore di formazione sincrona e 100 ore di esperienza pratica di Coaching; oltre a un esame sulle competenze, e una valutazione sulle performance di una sessione di Coaching dal vivo.

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