Ogni tanto qualcuno solleva la domanda: “Agile e Scrum sono morti?” Questa provocazione non è nuova, ma sembra trovare terreno fertile soprattutto in momenti di cambiamento o saturazione del mercato. Tuttavia, prima di accettare acriticamente una dichiarazione così forte, vale la pena esplorare cosa si nasconde dietro questa affermazione. Agile e Scrum sono davvero obsoleti, o siamo di fronte a una naturale evoluzione di pratiche che hanno trasformato il modo in cui lavoriamo?
Comprendere il contesto
Negli ultimi due decenni, Agile ha vissuto una crescita straordinaria. Nato per risolvere problemi specifici nello sviluppo software, si è trasformato in un approccio utilizzato in una moltitudine di settori, dall’industria manifatturiera, alla gestione delle risorse umane, al marketing. Questa espansione, tuttavia, ha avuto un prezzo. In molte organizzazioni, Agile è stato adottato più come un’etichetta che come un cambiamento reale. Il risultato? Processi chiamati “agili” che, di fatto, non lo sono mai stati.
Scrum, il framework più utilizzato nell’universo Agile, ha subito una sorte simile. I suoi eventi e artefatti, come Sprint, Product Backlog e Daily Scrum, sono spesso applicati meccanicamente, senza comprenderne davvero lo scopo.
Questo fenomeno è noto come “Cargo Cult”, un termine che descrive l’adozione superficiale di pratiche o rituali senza comprenderne il significato profondo. L’espressione trae origine da alcune tribù del Pacifico che, dopo l’incontro con civiltà occidentali, iniziarono a imitare i comportamenti del personale militare che aveva operato sul luogo, sperando di far tornare i cargo pieni di beni e prodotti industriali. Per farlo, costruirono riproduzioni rudimentali di aeroplani, radio e piste d’atterraggio, senza però comprenderne la funzione reale.
Perché se ne parla?
Molte organizzazioni che adottano Scrum o altri metodi agili si limitano a replicare ciò che vedono altrove, senza trasformare davvero la propria cultura aziendale, nella convinzione che questo approccio funzionerà “magicamente” anche nel loro contesto. Da qui nasce la percezione che Scrum sia inefficace o rigido.
Tuttavia, tale visione ignora che il framework, pur essendo volutamente essenziale, non è una lista della spesa da cui scegliere liberamente. Al contrario, richiede una piena comprensione e applicazione dei suoi principi di fondo, che ne rappresentano la vera forza.
L’attuale dibattito sulla “morte” di Agile e Scrum riflette spesso queste incomprensioni. Più che un problema intrinseco ai metodi stessi, sembra emergere dalla difficoltà delle organizzazioni di integrare pienamente i principi agili nelle loro culture aziendali.
Agile e Scrum: i numeri raccontano una storia diversa
È utile considerare i dati per dare concretezza al dibattito. Nel momento in cui sto scrivendo questo articolo (dicembre 2024), l’ultimo “State of Agile Report” riferisce che oltre il 90% delle organizzazioni intervistate utilizza almeno un framework agile. Tra questi, Scrum rimane il più diffuso, adottato dal 66% delle aziende. Inoltre, quasi il 70% delle organizzazioni ritiene che Agile abbia avuto un impatto positivo sui tempi di rilascio e sulla qualità del prodotto.
Tuttavia, il rapporto evidenzia anche una discrepanza: solo il 46% delle aziende afferma di ottenere pienamente i benefici attesi. Questo dato non è un atto d’accusa verso Scrum o Agile, ma piuttosto un’indicazione della complessità del cambiamento organizzativo. È evidente che molte imprese si limitano a un’applicazione superficiale, senza affrontare le trasformazioni culturali necessarie per ottenere risultati concreti.
Perché Agile e Scrum non sono morti
Se guardiamo ai principi fondanti di Agile, non possiamo fare a meno di notare quanto siano attuali. Il Manifesto Agile, scritto nel 2001, promuove la collaborazione, il feedback continuo e la capacità di rispondere rapidamente ai cambiamenti. In un mondo in cui l’incertezza e la complessità sono la norma, queste idee sono più rilevanti che mai.
Scrum, d’altro canto, è stato progettato come un framework essenziale, volutamente incompleto, che lascia spazio ai team per definire come implementare i dettagli operativi. Questa caratteristica rappresenta una delle sue principali forze, ma è spesso fraintesa. Coloro che criticano Scrum come “troppo rigido” tendono a ignorare che ogni elemento del framework è indispensabile per garantire coerenza e risultati.
Inoltre, è importante considerare che i metodi agili non sono una panacea per tutti i mali. Agile non è una bacchetta magica, ma un modo di pensare e lavorare. Le organizzazioni che ne capiscono il valore e lo applicano correttamente continuano a trarne vantaggi significativi.

Le critiche come segnale di maturità
Ogni innovazione passa attraverso fasi di entusiasmo, diffusione e, infine, maturità. Le critiche rivolte ad Agile e Scrum possono essere viste come un sintomo di questa maturazione. Non si tratta di strumenti “morti”, ma di approcci che stanno evolvendo per adattarsi a un mondo sempre più complesso.
Negli ultimi anni, abbiamo assistito all’integrazione di Agile con altre pratiche, come DevOps e il Lean Thinking. Questi sviluppi non rappresentano un abbandono di Agile, ma piuttosto una sua evoluzione. Ad esempio, il ruolo crescente dell’automazione e dei dati nell’ottimizzazione dei flussi di lavoro richiede nuovi modi di pensare che si integrano con i principi agili.
Scrum, invece, continua a dimostrarsi efficace in contesti sempre più diversificati. Dai team distribuiti ai progetti multi-team, il framework ha dimostrato di poter essere adattato a esigenze che nemmeno i suoi creatori avevano previsto inizialmente.
Guardare al futuro: evoluzione, non declino
Se Agile e Scrum non sono morti, qual è il loro futuro? La risposta dipende da come verranno applicati e adattati alle sfide emergenti. La necessità di migliorare la comprensione dei principi agili rimane centrale. Le organizzazioni devono andare oltre l’adozione superficiale e abbracciare un cambiamento culturale profondo.
Inoltre, è fondamentale riconoscere che Agile non è una destinazione, ma un viaggio. I principi del Manifesto Agile forniscono una bussola, non una mappa. La loro applicazione richiede sperimentazione, apprendimento continuo e adattamento costante. Questo vale tanto oggi quanto nel 2001.
Scrum, dal canto suo, può continuare a essere uno strumento efficace, a patto che venga utilizzato come previsto: un framework per gestire complessità e incertezza, non una serie di componenti da cui attingere liberamente e meccanicamente.
La vera domanda da porsi
Alla fine, la domanda “Agile e Scrum sono morti?” potrebbe essere sostituita con un’altra: “Stiamo applicando correttamente i loro principi?” Molte delle critiche rivolte a questi approcci derivano da implementazioni superficiali o mal interpretate. Ma per chi ha compreso il vero significato di essere agili, i benefici continuano a essere evidenti.
Agile e Scrum non sono morti. Sono vivi e in continua evoluzione, proprio come il contesto in cui operano. La sfida non è abbandonarli, ma imparare a usarli meglio, con consapevolezza e integrità. E questa, forse, è la lezione più importante di tutte.
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